corso amministratori

“Fare un piccolo passo verso la corresponsabilità tra laici e consacrati e rafforzare la buona collaborazione che caratterizza già la nostra ispettoria”, questi sono gli obiettivi che gli sdb si sono prefissati per il nuovo anno pastorale e con queste parole don Franco Di Natale, dopo il saluto dell’Ispettore don Giovanni D’Andrea, ha avviato i lavori per la programmazione ispettoriale, che si è tenuta a Montagna Gebbia dal 28 al 30 agosto 2022.

Si riparte dopo il periodo pandemico che cerchiamo di lasciarci definitivamente alle spalle, pur sapendo che ha cambiato tutte le domande e chiede a noi, impegnati laici e consacrati, di trovare nuove risposte. I consacrati sanno bene che per trovare queste risposte il lavoro va svolto di concerto con i laici, che sono, ancor più di loro, mani in pasta nel mondo. Per tale ragione è stato pensato e presentato un percorso di formazione sdb e laici per l’anno pastorale 2022-23: una formazione congiunta che abbia come fine principale quello della riflessione comune e della condivisione esperienziale in merito ad alcuni nuclei portanti del modello di Pastorale Giovanile Salesiana proposto dal Quadro di Riferimento della PG salesiana (QRPG), per essere insieme, oggi, il volto vivo di don Bosco per i giovani della Sicilia. Questo percorso, rivolto alle CEP, si prefigge di aiutarne il consolidamento. Ed è proprio sulla robustezza delle CEP che ha incentrato il suo primo intervento Don Garcia Morcuende Miguel Angel, consigliere generale per la Pastorale Giovanile, che ha curato la formazione degli intervenuti, peraltro parecchi laici (un bel segno di apertura e cambio di passo), durante le prime due giornate.
L’intervento della prima giornata, dal titolo “Coltivare sogni e raccogliere frutti”, ha puntato all’importanza di coltivare sogni rifacendosi continuamente al modello del nostro Padre fondatore, mostrando lo strumento concreto per far ciò: la PROGETTAZIONE.
“I giovani ci stanno cambiando le domande e noi dobbiamo essere in grado di trovare le risposte, dobbiamo renderci più idonei” ha detto in apertura don Miguel Angel, sottolineando che curare una buona progettazione non significa “fare carte”. Non si tratta, infatti, di fare documenti, ma di realizzare cose ben pensate, di cui i giovani hanno diritto. Si tratta di curare una nuova mentalità che porti a ragionare non tanto sul buon nome acquisito nel tempo, piuttosto sui buoni progetti che si possono realizzare da ora in poi.
Il consigliere mondiale di PG ha dapprima mostrato i fattori ostacolanti di questo nuovo approccio: affermare che per ben oltre 2000 anni si è andati avanti senza progetti (non troviamo una progettazione in Gesù Cristo!); fermarsi a pensare che la pastorale è posta sotto l’azione delle Spirito, quindi non è programmabile; continuare a dire che si è sempre fatto così o che si fa così perché è la prassi sicura; approcciarsi con la modalità che tutto cambia e tutto deve cambiare, pertanto si può cancellare quel che è stato fatto prima ricominciando da capo; infine, ma non meno incisivo, voler vedere in fretta i risultati.
“Se un chirurgo deve operare, non può semplicemente affidarsi all’azione dello Spirito. Deve avere capacità e conoscenza, e pianificare l’intervento da eseguire.” Un esempio emblematico, quello di don Miguel A., che rafforza l’importanza di coltivare una mentalità concreta, che superi certi retaggi del passato.
Agli ostacoli derivanti dagli atteggiamenti assunti, si vanno ad aggiungere le situazioni da affrontare, anche queste presentate da don Miguel A: frammentazione pastorale; diverso linguaggio tra giovani ed educatori (si pensi anche solo alla difficoltà, da parte dei giovani, di seguire un discorso molto lungo); dispersione interiore (quasi sottovoce, ma in maniera determinata, don Miguel ha affermato “A volte le persone più impegnate sono le più insoddisfatte dentro”); numerosi e nuovi fronti; necessità di sensibilizzare e responsabilizzare.
E proprio a quest’ultimo punto fa riferimento il cuore dell’intervento: responsabilizzare le persone permette di avere maggiori risultati, e bisogna pensare alla CEP non come a una struttura, ma come a persone che insieme lavorano, e pertanto vanno attivamente coinvolte. Il trinomio vincente è: CONVOCARE - MOTIVARE - COINVOLGERE.
Tre sono gli atteggiamenti da assumere:

  • Avere libertà interiore, rispetto alle brutte esperienze del passato, di fronte al presente (senza farsi trascinare da lamentele e pessimismo) e di fronte al futuro che appare incerto (da attendere senza ansia e senza paura).
  • Avere intelligenza pastorale, nel discernere il miglior bene possibile, superando le stanchezze del quotidiano.
  • Avere pazienza ed aspettare che i tempi siano maturi, cercando di concentrare le energie al momento in cui sono veramente necessarie, senza affrettare le cose.

Don Miguel ha poi illustrato i tre modelli di CEP che si possono avere:

  • AMMINISTRATIVO-BUROCRATICO, che mira ad agire con una modalità direttiva, gerarchica;
  • IMPROVVISATO, che poco pianifica e progetta;
  • CORRESPONSABILE, che è il modello che permette di far crescere la comunità e le persone, che consente di avviare una buona comunicazione tra le parti, dove i talenti già presenti si attivano.

La parola chiave all’interno di un progetto è FIDUCIA, verso le persone che ne fanno parte; tale fiducia richiede anche una certa dose di tolleranza verso gli errori, in quanto a tutti va data un’opportunità, ci vuole tempo ma bisogna crescere insieme. Un progetto aiuta a preservare dall’autoreferenzialità, in quanto spinge a guardare fuori, e aiuta a costruire senso di appartenenza. Un progetto attiva anche una testimonianza concreta, in quanto la progettazione inserisce la CEP nel tessuto vivo del territorio, ed è in linea con il modello derivante dall’ultimo sinodo dei giovani: ASCOLTARE-DISCERNERE-DECIDERE.
In conclusione, don Miguel A. ha sottolineato come creare una progettualità non sia altro che un modo di aggiornare il Sistema Preventivo di Don Bosco. È bene pensare al contenuto, tuttavia bisogna progettare bene anche il contenitore, e ciò non è secondario. Una pastorale organica diventa espressione di unione, coordinamento, convergenza.
Il bisogno di convergere verso il bene dei giovani è da sempre la missione dei salesiani e dei laici che lavorano in nome di Don Bosco. Don Miguel ci ha lasciato degli strumenti concreti e degli ottimi spunti di riflessione da cui partire. Lo ringraziamo, e ci rimbocchiamo le maniche, perché il lavoro ci aspetta, e una buona progettazione non può più attendere, per permetterci di arrivare ai giovani con le risposte che stanno attendendo.